La riforma del 2012 ha riconosciuto all’assemblea la possibilità di installare – mediante delibera assunta con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio (in gergo 500/1000) – impianti di videosorveglianza sulle parti comuni dell’edificio (ingresso, cortile, androne).
L’installazione del sistema è legittima se vengono rispettate alcune prescrizioni come l’apposizione di cartelli che segnalino, in modo chiaro e preciso, la presenza delle telecamere e l’obbligo di custodire le immagini in un luogo non accessibile a terzi e protetto con sistema di sicurezza.
Le immagini possono essere conservate per 24/48 ore (tempi maggiori richiedono l’autorizzazione del Garante della privacy) e possono essere visionate solo da incaricati identificati e nominati e solo per scopi ben definiti.
E ancora.
L’angolo visuale delle telecamere deve essere circoscritto alla sola ripresa delle aree comuni da controllare, senza riprendere beni o parti private.
Ma non è soltanto l’assemblea a poter installare le telecamere.
Sempre più spesso, è il singolo condòmino che decide, per ragioni di sicurezza, di installare una telecamera in prossimità della propria abitazione.
In questo caso, non è necessaria la preventiva autorizzazione dell’assemblea, né la segnalazione tramite cartelli.
È un aspetto fondamentale che l’angolo visuale sia, comunque, sempre limitato al solo spazio di esclusiva pertinenza del privato e che le immagini non riprendano aree comuni o vicine alle altre abitazioni.
Spesso, però, è possibile che le telecamere installate dal privato nella parte contigua alla porta d’ingresso della propria abitazione, possano inquadrare un’ampia porzione di pianerottolo o la rampa delle scale condominiali.
Questa condotta è lecita o il condòmino potrebbe incorrere nel reato previsto all’art. 615 bis c.p. (interferenza illecita nella vita privata)?
Sul punto, la Corte di Cassazione Sez. Penale (Cfr. Cass. 34151/2017) ha precisato che le scale di un condominio e i pianerottoli non assolvono alla funzione di consentire l’esplicazione della vita privata al riparo da sguardi indiscreti, perché sono, in realtà, destinati all’uso di un numero indeterminato di soggetti e di conseguenza la tutela penalistica di cui all’art. 615 bis c.p. non si estende alle immagini eventualmente riprese.
I proprietari possono tirare un sospiro di sollievo, ma è sempre necessario prestare la massima attenzione sull’utilizzo delle telecamere private.